Fidia mostra agli amici i fregi del Partenone
Articolo a cura di Andrea Contorni
Il dipinto di Sir Lawrence Alma-Tadema dedicato a Fidia, il grande scultore degli anni d'oro di Pericle
Il dipinto "Fidia mostra agli amici i fregi del Partenone" è un olio su tela del 1868. Conservato al "Birmingham Museum and Art Gallery", ha le dimensioni di 72 per 110,5 centimetri. Fa parte di un ciclo di opere che ritraggono l’attività artistica dei tempi antichi. È un quadro interessante per vari aspetti. Riproduce infatti con qualche esasperazione quasi cinematografica uno spaccato del passato ellenico appartenente agli anni d’oro dell’Atene periclea (461-429 a.C.).
Il cantiere del Partenone, ripreso su questa tela, rappresentò quel grande laboratorio artistico e architettonico nel quale si formò la scuola degli scultori ateniesi del V secolo a.C. Nel dipinto, la figura del grande Fidia occupa il centro e risalta tra il pubblico attento e ammirato. I giochi di luce sono resi al meglio e donano all’osservatore il giusto patos del momento. I visitatori sembrano attendere le spiegazioni dell’artista, incantati dai meravigliosi fregi.
Lawrence Alma-Tadema è un cultore dei particolari. Possiamo infatti notare l’accuratezza delle vesti e persino degli elementi del cantiere, dalla cordicella che divide Fidia dal pubblico ai chiodi che fissano le tavole delle impalcature. Dinanzi a Fidia si vede Pericle con accanto la "contestata e empia" Aspasia, la donna ionia, concubina del grande politico ateniese, al centro di mille polemiche per il suo carattere libero, il colto intelletto e l’autorevole influenza politica di cui godeva, una sorta di "antenata" di Ipazia. Di spalle in primo piano risalta il filosofo Socrate in compagnia di un giovanissimo Alcibiade. Il legame tra i due fu molto profondo. Il comportamento violento e arrogante di Alcibiade nelle diatribe politiche ateniesi del periodo, potrebbe essere stata una delle cause della condanna a morte del celebre filosofo, almeno secondo il resoconto di Senofonte.
Le figure di Pericle, Socrate e Alcibiade, protagonisti indiretti del dipinto, godono di una luce che li evidenzia con solennità. Un’ultima parentesi storica riguardo Fidia. L’esistenza dello scultore si divide tra realtà e leggenda, essendo le fonti in nostro possesso piuttosto controverse in merito, soprattutto per quanto riguarda le opere realmente realizzate dallo scultore ateniese.

Fu un personaggio di spicco nell’entourage di Pericle. Nato nel 490 a .C., lavorò all’acropoli di Atene tra il 460 e il 450 a .C. realizzando diverse statue dedicate a divinità del pantheon ellenico. Fino al 438 a .C, fu sovrintendente alla realizzazione del tempio dedicato ad Atena, il Partenone, dedicandosi in particolar modo alle decorazioni scultoree della struttura e alla realizzazione della colossale statua della Dea. Nel contesto trovò applicazione l’innovativa tecnica del panneggio bagnato, inventata e sperimentata dallo stesso Fidia per far risaltare l’anatomia dei corpi e per una maggiore resa del chiaroscuro. Le vesti delle statue risultano molto aderenti, da sembrare bagnate, da qui il curioso nome della tecnica in questione. Fidia riuscì a rappresentare la natura divina con assoluta compostezza e autorevolezza, distaccandosi dalle influenze del passato. I suoi bassorilievi godono di un ritmo e di una forza espositiva notevoli e innovativi rispetto alle tendenze orientalizzanti dell'epoca, che rendevano le figure divine e umane con una certa staticità. Fidia pagò l'incandescente clima politico ateniese volto a screditare la figura di Pericle. Riuscì a scagionarsi dall'accusa di essersi impadronito di una parte dell'oro destinato a ricoprire la statua dell'Atena Parthenos. Purtroppo non evitò il successivo processo, intentatogli per aver rappresentato Pericle e se stesso nello scudo della medesima statua. Forse un gioco di somiglianze tra le tante figure della scena dell'amazzonomachia sul lato esterno e della gigantomachia su quello interno. Non sapremo mai con certezza se Fidia fu vittima di una calunnia o abbia in effetti scolpito se stesso in un eccesso di affermazione individuale, nettamente in contrasto con la natura divina dell'opera. Morì in carcere nel 430 a .C., probabilmente avvelenato.
L'artista, cenni biografici

Bibliografia e immagini
- "Lawrence Alma-Tadema: at Home in Antiquity", E. Prettejohn e P. Trippi. Prestel Pub.
- "Arte nel Tempo", P. De Vecchi e E. Cerchiari. Bompiani.
- Immagini e fotografie di pubblico dominio, ove non diversamente specificato. Fonte Wikipedia.
Data di pubblicazione articolo: febbraio 2019

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