Marco Salvio Otone - Il Sapere Storico. De Historia commentarii

Il Sapere Storico
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Articolo a cura di Andrea Contorni

«...la guerra civile è stata aperta da Vitellio, quello è l'inizio della contesa in armi per il principato: voglio costituire un esempio, perché non si combatta per esso più di una volta.»

Parole solenni che fanno parte di un discorso di altissimo valore morale, pronunciato secondo Tacito da Otone nel suo ultimo giorno di vita, prima di darsi la morte dopo una notte apparentemente tranquilla. Parole che testimoniano tutta l'avversione del trentasettenne imperatore per la guerra civile che dalla morte di Nerone (giugno del 68) stava insanguinando l'impero da dieci lunghi mesi. Eppure Otone non si era fatto scrupoli a organizzare nei minimi dettagli la congiura che aveva tolto di mezzo il vecchio Galba il 15 gennaio del 69. Non ci stupisce questa ambivalenza nel carattere di Otone. La convivenza nella stessa persona di comportamenti opposti aveva infatti segnato tutta la sua esistenza...

Nobiltà e bagordi

Marco Salvio Otone nacque il 23 aprile del 32 a Ferento, antica città dell'alto Lazio (nelle vicinanze dell'attuale Viterbo). La sua famiglia, di ordine equestre, faceva parte della gens Salvia, vantando nobilissime origini etrusche ferentine e probabilmente anche marsicane. Portava lo stesso nome del nonno, primo della casata a entrare in Senato. Suo padre, Lucio Salvio Otone, console suffeto e poi proconsole in Africa, si legò all'imperatore Claudio, ottenendo la condizione di patrizio e arrivando persino a sventare una congiura contro di lui. Una discreta carriera politica caratterizzò anche il fratello di Otone, Lucio Salvio Otone Tiziano, console nel 52 e proconsole in Asia nel 63.

Il giovane Marco giunse a Roma da scapestrato e irrequieto rampollo dalle mani bucate. Svetonio lo descrive fisicamente come un uomo di media statura con le gambe arcuate, curato ed esigente quanto una donna. Quasi calvo, si era fatto fare una parrucca che sembrava una vera capigliatura. Depilato su tutto il corpo, aveva problemi anche con la barba, tanto da applicarsi ogni giorno impiastri di pane bagnato per non farla crescere. Possiamo in ogni caso considerare Otone di aspetto gradevole. Di sicuro nel temperamento non era carente di arrivismo e presunzione. Morto il padre, circuendo un'anziana liberta di palazzo, si introdusse nella corte imperiale, incontrando quasi subito il favore di Nerone. I due baldanzosi ragazzi erano caratterialmente molto simili.
Furono giorni spensierati, persi tra passeggere storie d'amore, bagordi e scorrerie notturne in incognito nei peggiori quartieri dell'Urbe, derubando e malmenando chiunque capitasse a tiro della "nobile" banda di delinquenti. Nerone e Otone erano compagni inseparabili e lo furono fino alla comparsa in scena di Poppea Sabina.

 
Ritratto di Lucio Salvio Otone, padre dell'imperatore Otone

Parliamo di una storiaccia iniziata con l'allontanamento forzoso di Rufrio Crispino, primo marito di Poppea. Nerone voleva la donna per sé, probabilmente come amante, in quanto era sposato con Claudia Ottavia "...che pur era di nobile stirpe e di specchiata onestà" (Tacito). Per questo decise di affidare Poppea in sposa proprio al fidato Otone. Ma dinanzi alla sua beltà, Otone se ne innamorò, rifiutando di condividerla con il citaredo. Un'altra versione della torbida vicenda, vede Otone nei panni del seduttore di Poppea, fino a conquistarla come amante per poi sposarla dopo aver ottenuto da Nerone l'esilio del povero Crispino. O fu la stessa Poppea, donna ambiziosa e senza scrupoli, a far coppia con Otone con l'intento di arrivare alla preda grossa? In ogni caso correva l'anno 58 e Nerone, spazientito per il rifiuto di Otone, o ammalliato lui stesso da Poppea, annullò il matrimonio dei due; prese la donna a corte e spedì l'ex amico nella lontana Lusitania. A titolo di cronaca, un anno dopo, l'Enobarbo eliminò la madre Agrippina. Nel 62 fece decapitare l'onesta Ottavia per sposare ufficialmente la bella Poppea.

Redenzione e buon governo

Dieci lunghi anni in una delle province più lontane da Roma, come Legatus Augusti pro praetore della Lusitania (attuale Portogallo), avrebbero distrutto le ambizioni di chiunque, non di Otone. Possiamo dire che in quel periodo, egli portò avanti una sorta di percorso di redenzione dai bagordi giovanili, conseguendo una condotta amministrativa attenta, moderata e nel segno della giustizia. Svetonio e Tacito sono d'accordo nel considerarlo un eccellente governatore, mai colto in fallo. Infatti, quando tornò a Roma, in tasca non aveva che pochi denari a significare che malversazioni non ne aveva fatte, una vera e propria eccezione tra i governatori provinciali. Ma Otone meditava vendetta contro il suo ex grande amico. L'occasione giunse nel turbolento anno 68 appoggiando la rivolta di Galba, governatore della Spagna Tarraconense. Il vecchio generale di Terracina si ritrovò accanto un giovane rispettato dalle truppe e persino carismatico. In una situazione politica e militare ormai compromessa, Nerone decise di farla finita il 9 giugno del 68. Il Senato decretò imperatore Galba, "il migliore dei romani". Otone, da suo braccio destro, si aspettava la successione a compimento di un processo che lui riteneva semplice e pura "giustizia" per quello che aveva subito da Nerone e per il suo appoggio a Galba. Tutte le sue aspettative vennero deluse.


Busto dell'imperatore Otone, Musei Capitolini Roma

Pretoriani, malcontento e congiure

A Roma, lo spiantato Otone iniziò a ingraziarsi i pretoriani pagando donativi e tangenti con soldi che rimediava a destra e a manca da presunti debitori o a prestito. Evidentemente preparava il terreno per la successione, essendo Galba, vecchio, malato e senza eredi. Purtroppo per lui, i consiglieri dell'imperatore non lo vedevano di buon occhio. Il potente liberto Icelo Marciano e il nuovo prefetto del pretorio Cornelio Lacone spingevano per una scelta più opportuna. Temevano Otone che troppo ricordava Nerone, con un passato per nulla limpido e le abitudini di vita riconducibili ai disgraziati eccessi neroniani.

E infatti il 10 gennaio del 69, Galba adottò formalmente Lucio Calpurnio Pisone Liciniano Frugi, discendente da due delle più nobili famiglie romane, la gens Licinia e la gens Scribonia. Vantava tra i lontani avi persino Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso. Suo zio inoltre era il celebre Gaio Calpurnio Pisone a capo della fallimentare congiura del 65 contro lo stesso Nerone. Liciniano brillava non solo per il prestigio dei natali ma per il carattere austero e la ferma morale. Purtroppo non aveva carisma né peso politico, ma ciò non toglie che probabilmente sarebbe stato un ottimo imperatore, devoto alla giustizia e al dovere di Stato.

Otone, sfruttando il malcontento dei legionari di marina della Legio I Adiutrix, maltrattati da Galba, e con la complicità di diversi pretoriani, organizzò la congiura che si attuò il 15 gennaio del 69 dopo un primo tentativo fallito il giorno prima. Quella mattina Galba mosse dal Palatino e giunse scortato nel Foro Romano per rendersi conto di persona di alcune voci che davano Otone scannato dai pretoriani o al campo della Adiutrix. Nel luogo fu raggiunto da Pisone. Circondati dalla folla e dai pretoriani al soldo di Otone, finirono trucidati senza che le loro scorte mossero un dito per difenderli. Quella stessa sera, il Senato nominò imperatore Otone. Il malcontento popolare e dei militari lo aveva innalzato alla porpora e Otone fu il primo della Storia di Roma a uccidere un imperatore per prenderne il posto. Un primato che gli pesò come un macigno nei mesi successivi.


Aureo dell'imperatore Otone coniato nel 69. Nel retro della moneta la Vittoria.

Rimorsi e guerra civile

Cassio Dione ritiene che Otone abbia accusato tantissimo quanto avvenuto nel Foro, con il bagno di sangue che aveva portato alla morte di Galba e di Pisone. Nel periodo subito successivo all'investitura tentò di accontentare tutti, popolo e Senato. Non riuscì alla fine nemmeno a condannare la figura di Nerone che anzì tentò di riabilitare. La sua attività di governò nell'Urbe somigliò a quella tenuta in Lusitania, tutta improntata a evitare una nuova guerra civile che invece divampò potente in Germania. Le legioni del Reno acclamarono imperatore l'imbelle Aulo Vitellio con l'appoggio dell'altro legato, l'anziano Ordeonio Flacco. Con Vitellio si schierarono i generali Aulo Cecina Alieno e Fabio Valente.

Inutili furono i tentativi di accordo tra i due imperatori. In breve le legioni vitelliane furono in Italia. Tra Piacenza e Cremona avvennero diversi sanguinosi scontri, con alterne fortune, che pesarono sulla coscienza di Otone. Da ricordare, nelle file otoniane, anche la bizzarra armata di Marzio Macro, formata quasi interamente da gladiatori. Lo stato maggiore imperiale contava suo fratello Tiziano, il prefetto Proculo, Mario Celso, Trebonio Gallo e il grande Svetonio Paolino, colui che aveva sedato la ribellione di Budicca negli anni 60/61.

Fu proprio Paolino a consigliare a Otone di attendere l'arrivo nella penisola delle legioni amiche provenienti dalla Pannonia e dalla Dalmazia. A Oriente anche le legioni sotto il comando di Vespasiano gli avevano giurato fedeltà. Ma Otone decise di ingaggiare battaglia a Bedriaco sulle rive dell'Oglio. Consigliato malissimo dal fratello e da Proculo, non partecipò allo scontro, rimanendo al sicuro a Brescello con parte delle truppe. Fu un grandissimo errore, alcuni pensano voluto proprio per affrettare la fine della guerra civile. I soldati rispettavano Otone e avrebbero voluto averlo tra loro in vista della battaglia. Ovvio che per le legioni otoniane, in inferiorità numerica, con il morale a pezzi e con una catena di comando incerta, Bedriaco fu una disfatta. Otone stanco di vedere versato sangue romano, considerandosi causa di tutto quanto accaduto dalla morte di Galba in poi, decise di farla finita. Dopo una notte di sonno, al risveglio si suicidò. Aveva regnato per tre mesi. Correva il giorno 16 aprile del 69.

Queste le sue ultime parole ricordate da Tacito:

«Esporre più a lungo ai pericoli questa vostra devozione, questo vostro valore, è, ritengo, un prezzo troppo alto per la mia vita. Tanto più grande è la speranza che mi offrite, qualora volessi vivere, tanto più bella sarà la morte. Io e la fortuna ci siamo misurati reciprocamente. Non calcolate la durata: è più difficile usare moderazione nella felicità, quando si sa che il suo tempo è breve. La guerra civile è stata aperta da Vitellio, quello è l'inizio della contesa in armi per il principato: voglio costituire un esempio, perché non si combatta per esso più di una volta. Da tale esempio giudichino i posteri Otone. Abbia Vitellio la gioia del fratello, della moglie, dei figli: non ho bisogno né di vendette né di conforti. Se altri hanno tenuto più a lungo di me l'impero, nessuno l'avrà lasciato con maggiore forza d'animo. O dovrò accettare che tanta gioventù romana, tanti meravigliosi eserciti siano ancora una volta falciati a terra e strappati allo stato? Lasciate ch'io vada sapendo che sareste morti per me, ma siete vivi. Non ritardiamo più oltre, io la vostra incolumità, voi la mia inflessibile decisione. Un lungo discorso d'addio è una parte di viltà. A prova suprema della mia determinazione, sappiate che non mi lamento di nessuno: prendersela con gli dèi o con gli uomini è gesto di chi vuol vivere.»

Bibliografia essenziale e immagini
  • "Fonti per la Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
  • "Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
  • "Passioni, intrigi, atrocità degli imperatori romani", Furio Sampoli. Newton Compton Editori 2007.
  • "Gli imperatori romani. Storia e segreti", Michael Grant. Newton Compton Editori 2008.
  • Immagini e fotografie di pubblico dominio, ove non diversamente specificato. Fonte Wikimedia.
  • La fotografia inserita nella grafica sopra si riferisce al Busto di Otone conservato a Palazzo Medici-Riccardi di Firenze. Autore: Sailko. Licenza Creative Commons di Condivisione.

Data di pubblicazione articolo: 26 settembre 2022
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