Marco Salvio Otone - Il Sapere Storico. De Historia commentarii

Il Sapere Storico
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Marco Salvio Otone

Storia romana > Il Principato
Articolo a cura di Ivan La Cioppa con la prefazione di Andrea Contorni

Una stele è una lastra oblunga in marmo o in pietra ornata di decorazioni, bassorilievi e soprattutto iscrizioni. Il suo uso commemorativo nell'arte funeraria trovò diffusione in quasi tutte le culture dell'antichità. Le stele funerarie costituiscono una straordinaria fonte epigrafica. Nell'ambito romano, esse ci narrano circa le esistenze di coloro alle quali furono dedicate. Lo scrittore e artista nel campo delle miniature, Ivan La Cioppa, autore di romanzi di successo quali "La legione venuta dal mare" e "Una legione per Traiano. La scelta di Nerva", si è dedicato allo studio delle iscrizione funerarie degli antichi legionari romani. Egli ha così ripercorso le vite di diversi soldati: in questo articolo approfondiremo le figure di Tito Valerio Pudens della II Adiutrix Pia Fidelis e di Dasius della II Traiana Fortis. Nel prossimo appuntamento ci dedicheremo a Caio Castricio Vittore della II Adiutrix Pia Fidelis e a Caio Giulio Bacco che ha prestato servizio per 15 anni nella "Cohors I Thracum".

Tito Valerio Pudens

La stele contiene un'iscrizione abbastanza leggibile, integrata dal lavoro degli epigrafisti.

T(itus) Valerius T(iti) f(ilius) / Cla(udia) Pudens Sav(aria) / mil(es) leg(ionis) II A(diutricis) P(iae) F(idelis) / c(enturia) Dossenni / Proculi a(nnorum) XXX / aera [V]I h(eres) d(e) s(uo) p(osuit) / h(ic) s(itus) e(st)

Tito Valerio Pudens, figlio di Tito, della tribù Claudia, di Savaria, legionario della II Legione «Adiutrix Pia Fidelis», del secolo di Dosennio Proculo, visse 30 anni, prestò servizio 6 anni, il suo erede lo istituì, giace qui.

Molte sono le informazioni che scopriamo. Tito era originario della città di Savaria, grande centro della Pannonia superiore ma lui, probabilmente, non era di stirpe barbara. Doveva essere di origine italica e titolare di cittadinanza romana, requisito fondamentale per arruolarsi in una legione. Magari la sua famiglia si era stabilita in quel centro al seguito dei coloni inviati dall'imperatore Claudio nel 43 d.C.. Tito si arruolò a ventiquattro anni, età piuttosto avanzata per entrare a far parte di una legione; ciò potrebbe indurci a pensare che il giovane avesse optato per questa scelta probabilmente spinto da motivi di necessità. Prestò servizio nella centuria di Dossenio Proculo: l'inserimento di questa notizia ci fa pensare che, in generale, le centurie fossero indicate solo formalmente con un numero mentre nei fatti venivano identificate col nome del centurione in comando, ruolo fondamentale nella gerarchia militare. Oltretutto, questo dato dimostra anche l'attaccamento dei legionari alla centuria come unità base della legione con molti servizi in comune, come il deposito della paga e un fondo funebre.
Purtroppo, dopo sei anni dall'arruolamento il povero Tito morì. Questo ci porta a conoscenza della caducità della vita nell'esercito romano e ancor di più in Britannia. La stele è stata ritrovata, infatti, nella città di Lincoln dove una volta sorgeva la romana Lindum. Il ritrovamento è una delle prove che la «Legio II Adiutrix» era insediata proprio in quella città. Probabilmente, l'anno della morte del legionario è il 76/77 d.C. perché altre fonti attestano la II «Adiutrix» a Lindum dal 71. Verso la fine dello stesso decennio si ebbe il suo trasferimento presso Deva, dove ne costruì la fortezza. Tutto questo ci porta a una considerazione curiosa. Tito si era arruolato lo stesso anno o il successivo dalla costituzione della legione e fra le sue fila aveva affrontato le campagne iniziali come la sanguinosa rivolta Batava. Alla fine dell'iscrizione vi è citato l'erede anonimo che ha fatto scolpire il cippo funerario. In genere, i legionari nominavano eredi i familiari ma a volte i propri commilitoni con i quali si instaurava un rapporto molto stretto di fratellanza.

Al di là dell'iscrizione, la stele ha altri elementi che integrano la nostra indagine. Sul timpano vediamo scolpiti due delfini e un tridente, tipici simboli associati a Nettuno. Ciò non deve meravigliare perché la «Legio II Adiutrix» era stata formata con i marinai della «Classis Praetoria Ravennatis» e aveva conservato le sue origini marinare come legione di marina, insieme alla «I Adiutrix». Questo nuovo dato ci porta alla formulazione di un'altra ipotesi sul suo arruolamento tardo. Tito non era entrato nell'esercito per necessità in età avanzata ma poteva essere uno dei marinai della Flotta di Ravenna che avevano formato la «Legio II Adiutrix». Il fatto che non riporti sulla stele il suo precedente servizio nella marina può essere spiegato con la bassa reputazione che questa godeva rispetto alla legione e la volontà di non rendere noto questo precedente servizio. Infine, nella parte inferiore della stele, campeggia il bassorilievo di un'ascia. Questo è un simbolo ricorrente in molti monumenti funebri militari, soprattutto nella parte occidentale dell'Impero. Il suo significato non è del tutto chiaro ma una tesi accreditata afferma che l'ascia rappresenti la forza del guerriero; infatti questa era l'arma tipica presso i popoli indoeuropei. Collegato a questo significato e a quello di oggetto usato per edificare, l’ascia assumerebbe la funzione di sigillo di inviolabilità della tomba. La stele di Tito Valerio Pudens è conservata al British Museum di Londra.

Dasius, legionario e padre

Questa stele funeraria, per alcune sue caratteristiche risulta molto peculiare: a dispetto dell'iscrizione scarna e carente in più punti, siamo riusciti a ricavare alcune informazioni.

Dasiu[---]  milite / leg(ionis) II Tr(aianae) for(tis) [---]
Dasio, soldato della «Legio II Traiana Fortis».

Sappiamo, quindi, che il defunto, di nome Dasio, prestava servizio nella «Legio II Traiana Fortis». La stele è stata ritrovata in Egitto, a Nicopolis, sede di un’importante fortezza legionaria e, insieme a moltissime altre stele, è la conferma  che la legione fu di stanza in quell'area nella prima metà del III secolo. L'epigrafe è scritta in greco, la lingua più parlata nelle province orientali, retaggio della cultura ellenistica ben radicata, nonostante il latino fosse la "lingua di Roma". Ora prendiamo in esame la parte più caratteristica: il bassorilievo raffigurante il legionario che tiene per mano sua figlia piccola. Questa è di certo una scena anomala per una stele militare, di solito molto più marziale. Essa ci da molte più informazioni dell’iscrizione.

Prima di tutto, la presenza ufficiale della bambina ci porta a pensare che Dasio avesse messo su famiglia. Ciò prova l’abolizione, da parte di Settimio Severo, dell’obbligo di celibato imposto ai legionari da Augusto. La bambina indossa un «himation» (ἱμάτιον) sopra un chitone, alla moda greca, altro esempio della persistente influenza della cultura ellenistica. Con la mano destra stringe, amorevolmente, quella del padre mentre con la sinistra tiene, forse una ghirlanda. La ghirlanda è una reminiscenza dell’antica religione egizia per la quale simboleggiava la vittoria sulla morte nell’aldilà. In molte tombe ne sono stati trovati resti, come in quella del faraone Tutankhamon. Il vestiario della bambina, la lingua greca e la ghirlanda sono tre elementi particolari che ci danno un quadro della società nell'Egitto del III secolo, un contesto ibrido dove convivevano l'antica cultura egizia, quella ellenistica e quella romana. Ciò ci porta ad un’altra fondamentale considerazione: Roma non osteggiava alcuna religione né alcuna moda, a patto che non fosse un pericolo per la «Res publica», come nel caso degli ebrei e dei cristiani. Passiamo ora all'immagine del legionario.

Il defunto Dasio viene rappresentato solo con tunica e «sagum». Ciò sembra relazionato al clima torrido di quell’area che rendeva ancor più  difficoltoso indossare una lorica metallica. Oltretutto, l’Egitto era un provincia pacifica e i legionari, in questi casi, svolgevano compiti di polizia che richiedevano un equipaggiamento leggero. Un tipico esempio ne sono i pretoriani, così ritratti in molti bassorilievi. La «spatha», che ha preso il posto del gladio, è indossata sul fianco sinistro, a dispetto della tradizionale sospensione a destra per i legionari semplici. Ciò dipende dal fatto che la «spatha» era più lunga e non permetteva più l’estrazione sul lato destro con la mano destra. Altro elemento caratteristico è la cintura chiusa con una fibbia ad anello che si riscontra  nella maggior parte delle stele di Nicopoli  Anche in questo caso vediamo la scomparsa di un altro elemento simbolo del legionario: il «cingulum» con i pendenti. Forse un lontano ricordo ne sono le due estremità della cintura che ricadono sull’inguine.

Il capo è cinto dalla «tainia», una fascia sottile, tipica della tradizione greca e usata anche per cingere la fronte del defunto o altri elementi legati alla morte e al rito funebre. Di nuovo ci troviamo di fronte ad una chiara influenza greca sul costume romano, ulteriore prova del concetto di "società ibrida". Dall’esame dell’intera opera sepolcrale, possiamo azzardare persino l’origine del legionario. Probabilmente Dasio era  nato nell’area pannonico-danubiana. Giungiamo a questa conclusione per due ragioni. In primo luogo, il nome stesso «Dasius»  rimanda a quelli di Dazas e Dases, molto comune in Pannonia. In secondo luogo, nella stessa regione sono comuni le stele funerarie con elementi che riguardano la famiglia del defunto.  Infine, la fibbia ad anello compare soprattutto su lapidi di legionari di origini danubiane, come quelle della «II Parthica» ad Apamea e  della Guardia pretoriana a Roma. Non ci è dato sapere a che età sia morto Dasio e per quale motivo ma, dalla scena rappresentata, una cosa è certa: era un ottimo padre e la sua famiglia volle celebrare questa qualità, considerata evidentemente più importante di quelle militari.

Bibliografia essenziale e immagini
  • "Fonti per la Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
  • "Storia Romana", Giovanni Geraci e Arnaldo Marcone. Le Monnier Università.
  • "Passioni, intrigi, atrocità degli imperatori romani", Furio Sampoli. Newton Compton Editori 2007.
  • "Gli imperatori romani. Storia e segreti", Michael Grant. Newton Compton Editori 2008.
  • Immagini e fotografie di pubblico dominio, ove non diversamente specificato. Fonte Wikimedia.
  • La fotografia inserita nella grafica sopra si riferisce al Busto di Otone conservato a Palazzo Medici-Riccardi di Firenze. Autore: Sailko. Licenza Creative Commons di Condivisione.

Data di pubblicazione articolo: 26 settembre 2022
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